io straripai nel tuo letto stellato
dove anche il variare più innocuo
sapeva di fine, di trauma,
di piaga.
io contai la tua solitudine:
erano fionde e collane incostanti
che traboccavano
da una trapunta di anni.
e qualche tralcio d’edera
ancora piove arcobaleni
sulla mano.
con lingua spedita
mi parla di te
e si attorciglia ai miei mattini.
li sferza una voragine di brame.
quanto t’ho amato in silenzio!
quanto spergiuro di tempo
ritolto dal legno…
e quanti inutili calici ti porsi!
tutto inghiottito nel nulla,
in un grumo,
in un tonfo.
monia gaita