io crebbi in un silenzio arabescato,
in un’ariosa stanza del nuovo secolo.
non mi era cara la voce dell’uomo,
ma comprendevo quella del vento.
amavo la lappola e l’ortica,
e più di ogni altro un salice d’argento.
roconoscente, lui visse con me
la vita intera, alitando di sogni
con i rami piangenti la mia insonnia.
strana cosa, ora gli sopravvivo.
lì sporge il ceppo, e con voci estranee
parlano di qualcosa gli altri salici
sotto quel cielo, sotto il nostro cielo.
io taccio… come se fosse morto un fratello.
anna achmatova