come un naufrago incolume mi volgo
e vedo, inteneriti dal passato,
alle mie spalle, oceani di rare
viole, di silenziose primule.
è già un sogno lontano più del cielo
il paesaggio di germogli azzurri
che il trasparente aprile intiepidiva.
il tempo è dileguato senza moto:
le farfalle che volano pudiche,
i fiori violenti, l’irta quiete…
e so ancora atterrirmi ad un accento
che disaccordi con la fioca musica
dei campi? alzare il capo, puerilmente,
angosciato dai baratri celesti
tra i veli tranquilli delle nuvole?
se l’iroso usignolo nell’azzurro
arido, esala i suoi canti diurni,
lo ascolto ardente, ma non ho speranza.
io non sogno, son veglio…
pier paolo pasolini